Il vissuto di diversità nei gruppi di minoranze. Tecniche di counseling e mediazione.
Seminario condotto da Federico Ferrari
Nella maggior parte dei casi far parte di una minoranza significa essere vittima del minority stress (Meyer, 1995; Lingiardi, 2009). Vale a dire dover fare i conti con una realtà costruita su misura per qualcun altro, doversi rapportare con una maggioranza che oscilla tra il disconoscimento delle esigenze e l'insofferenza delle richieste della minoranza. Significa muoversi costantemente tra l'invisibilità e l'esposizione al pregiudizio e allo stigma, che divengono spesso ancoraggio per delle identità facilmente soggette all'autoinvalidazione.
Non tutte le minoranze però sono uguali.
Alcune sono evidenti sin dalla nascita, possono contare su gruppi di appartenenza e di rispecchiamento già nella propria famiglia (quelle etniche e spesso quelle religiose), oppure sono considerate dalla società come fragili e bisognose di assistenza (le disabilità).
Altre invece rimangono invisibili anche a se stesse fino a tardi, incontrando un profondo stigma dentro e fuori la propria famiglia, suscitando un vissuto di solitudine prima ancora che di minoranza (quelle LGBT) (Rigliano et al. 2012).
In questi casi approdare ad un gruppo di appartenenza rappresenta già un primo compito di sviluppo necessario ad una strutturazione positiva della propria identità. Passare dalla condizione di solitudine a quella di minoranza è ciò che permette l'elaborazione del vissuto di diversità in quello di differenza, grazie alla scoperta della somiglianza con gli altri elementi del proprio gruppo (Fruggeri, 2015). Questo passaggio tuttavia risulta spesso ostacolato dall'interiorizzazione del pregiudizio (che si manifesta in un'ipersensibilità agli stereotipi, in una vergogna vicaria per la manifestazione di caratteristiche stigmatizzate di altri membri della minoranza), e da un senso di inferiorità di fronte alle norme del gruppo, ai suoi valori e alle sue performance, cui l'individuo, rimasto a lungo in solitudine, teme di non potersi adeguare.
Il seminario si focalizzerà su:
- il vissuto di diversità nei diversi gruppi di minoranza e più specificamente nelle persone non eterosessuali e/o non cisgender;
- i passaggi necessari a facilitare l'accesso dei singoli membri di minoranze ai gruppi formali e informali dell'associazionismo;
- lo strumento del gruppo di parola e la differenza con la terapia di gruppo;
- le esperienze residenziali esperienziali a tema identitario e l'esempio del campo gay del centro ecumenico valdese di Agape.
Federico Ferrari, psicologo-psicoterapeuta e didatta di terapia sistemico-relazionale, membro direttivo di SIRTS (Società Italiana di Ricerca e Terapia Sistemica) e di SIPSIS (Società Italiana di Psicoterapia per lo Studio delle Identità Sessuali). Svolge attività privata a Milano e a Parma ed è consulente dal 2012 del Progetto Innovativo Giovani 14-24 per l'intervento precoce nel disagio psicologico degli adolescenti dell'UOC di Psicologia Clinica dell'Ospedale San Carlo Borromeo di Milano. Dal 2006 collabora attivamente con l'associazione Famiglie Arcobaleno e con il Centro di Iniziativa Gay di Milano. Dal 2009 è inoltre parte dello staff del Campo Gay del centro ecumenico valdese Agape di Prali.
Per iscrizioni e ulteriori informazioni rivolgersi alla Segreteria