Nell'incontro col "diverso", la conversazione d'aiuto può generare delle difficoltà legate sia alla distanza fra i "mondi" del cliente e dell'operatore, sia all'apparente reciproca incomprensione dei loro linguaggi. Queste distanze, intrecciate con le differenze culturali e sociali, spingono i professionisti a interessarsi alla "cultura degli altri" avvalendosi delle competenze di mediatori culturali o accostandosi direttamente allo studio delle culture dei nuovi interlocutori. Mentre non è possibile realizzare uno studio esaustivo delle quasi infinite "etnie" al mondo, la presenza del mediatore clinico culturale rischia talvolta di aumentare la distanza fra migrante e operatore, creando una posizione etnocentrica nella quale la cultura degli altri deve essere "spiegata", quella dominante è data per scontata. Diventa quindi sempre più opportuno adottare uno sguardo ricco per una visione complessa che ci consenta di lavorare sulle competenze relazionali e comunicative in contesti interculturali. L'approccio pluralista interculturale sviluppato dalla relatrice intreccia diverse prospettive: costruttivismo, socio costruzionismo, etnopsicologia ed etologia. Tecniche specifiche di colloquio si configurano come una griglia che, affiancata da un modello di lavoro di gruppo, offrono una mappa che consente all'operatore di orientarsi per rispondere ai bisogni che emergono dal migrante, soprattutto nella fase di sistemazione e adattamento.